Una buona idratazione può prevenire o comunque rallentare le condizioni che potrebbero provocare patologie cardiache. A dirlo è un nuovissimo – e serissimo – studio scientifico, condotto dall’ente statunitense National Heart, Lung, and Blood Institute e presentato lo scorso agosto al congresso della European Society of Cardiology. La ricerca ha seguito per 25 anni un panel di 15.792 persone, che all’inizio dello studio avevano un’età compresa fra i 44 e i 66 anni. I partecipanti sono stati sottoposti a visite specialistiche cinque volte nell’arco dei venticinque anni successivi, fino quindi a un’età compresa fra i 70 e i 90 anni.
Il ruolo dell’idratazione
Le analisi hanno misurato la concentrazione di sodio nel sangue, un indicatore affidabile dell’idratazione del corpo: meno liquidi vengono assunti, più il valore aumenta. Gli scienziati hanno quindi cercato di individuare una eventuale correlazione fra la concentrazione di sodio nel plasma e la comparsa di problemi cardiaci nel corso del quarto di secolo seguente. I soggetti sono stati inseriti in uno dei quattro gruppi in base al loro livello medio di concentrazione sierica di sodio, con su due visite durante i primi tre anni dello studio. Per ogni gruppo, i ricercatori hanno quindi analizzato la percentuale di persone che ha sviluppato insufficienza cardiaca e ipertrofia ventricolare sinistra al temine dell’esperimento. Il ventricolo sinistro è la principale camera di pompaggio del cuore, e quando le sue pareti diventano più spesse (un fenomeno chiamato ipertrofia) si accende il campanello di allarme di una possibile insufficienza cardiaca.
Da qui, la scoperta: anche dopo aver controllato i fattori che possono contribuire all’insufficienza cardiaca – come l’età, la pressione sanguigna, l’indice di massa corporea e il vizio del fumo – gli studiosi hanno riscontrato che una concentrazione di sodio più alta nella mezza età (i 44-66 anni di partenza) è risultata associata tanto all’insufficienza cardiaca quanto all’ipertrofia ventricolare sinistra. Le probabilità di svilupparle, venticinque anni dopo, erano rispettivamente 1,11 e 1,2 volte maggiori per ogni mmol/L in più oltre la soglia dei 142 mmol/l. Tradotto in percentuale, si tratta di un aumento di circa il 20% del rischio di incappare in simili patologie.
Quanta e quale acqua bere?
Per levare il medico di torno, quindi, meglio un bicchiere d’acqua in più che uno in meno, specie se si tratta di acqua pura, sana e leggera come quella che si ha a disposizione a casa installando un purificatore a osmosi inversa di IWM. Ma quali sono le dosi corrette per rimanere idratati e in salute? La quantità di liquidi consigliata per gli uomini è di circa 3,7 litri, mentre per le donne di 2,7 litri. Il “monte idratazione” non comprende solo i liquidi, ma anche il cibo: circa il 20% dell’acqua che assumiamo proviene infatti dagli alimenti. L’altro consiglio che arriva dagli esperti è quello di privilegiare sempre l’acqua come bevanda e di limitare il consumo di sale. Il nostro organismo è bravissimo nel tenere in “equilibrio” i diversi elettroliti, ma un eccesso di sale può metterlo in difficoltà. Quindi, acqua in abbondanza, sale in minima quantità.